...ci vediamo alla Quercia...

...ci vediamo alla Quercia...

martedì 27 aprile 2010

Chiedi e ti sarà dato.


Certo che, oltre a complicarci la vita, talvolta nemmeno le diamo un po' di fiducia!

Già da qualche giorno mi consumavo in dubbi e domande che spaziavano dal religioso al filosofico.
Mi chiedevo com'era possibile che proprio io, cattolica battezzata, volontaria in una missione cristiana, non solo mi fossi rivolta ad uno "stregone" africano per soddisfare la mia curiosità sul futuro, ma per di più, ora dovessi pregare in una moschea e fare un'offerta.
La domenica era comunque una bella giornata, la scuola era chiusa, il generatore spento e aprivamo i cancelli ai cani che perlustravano tutta l'area della missione a loro piacimento.
Se c'è un giorno in cui le domande di tipo religioso si acutizzano, quello è la domenica.
Ciondolavo da una stanza all'altra senza programmi, avrei dovuto riordinare la casa, piegare i panni asciutti, correggere compiti e addirittura fare il bagno ai cani, ma non avevo alcuna volontà.
Me ne andavo avanti e indietro dalla porta d'entrata spalancata finché non decisi di seguire il consiglio dei miei pensieri che mi invitavano a darmi uno stop e ad attendere seduta sulle scale.
In realtà non sapevo cosa aspettare, ma tra una grattatina a Houdy la scimmia e una carezza alla mia gatta preferita riprendevo il mio dilemma interiore e interrogavo il cielo affinché mi confermasse che ero un'allocca a credere che qualcuno potesse divinare il futuro, e che rivolgermi ad un'altra religione pregando di ottenere ciò che desideravo con ardore fosse una specie di tradimento morale.
Alzai lo sguardo solo perché i cani corsero verso il cancello e vidi profilarsi una vecchia signora.
Camminava lenta, intimorita dai cani e dalla mia presenza di "bianca".
Mi salutò cordiale usando un rispetto che mi imbarazzò, mi chiese come stavo e mi augurò ogni bene, come si conviene in Guinea.
"Vado da San Leonardo Murialdo, porto un'offerta, posso?"
Risposi affermativamente guardando di sottecchi la statua del Santo che era stata da poco restaurata.
Nella fretta di terminarla e cercando di dimostrare che potevamo farlo senza rivolgerci di nuovo all'Italia e ai suoi prodotti da primo mondo, avevamo comprato la vernice al mercato di Bandim sperando che almeno somigliasse all'effetto rame originario, invece il sole impietoso ne risaltava l'effetto finale.
Sembrava un'enorme statua di cioccolato pronta a squagliarsi al sole cocente dell'Africa.
Pregai in silenzio che l'anziana signora non se ne accorgesse e di fatto la sua devozione rese questo particolare insignificante.
Improvvisamente, senza che glielo chiedessi, sentì l'esigenza di raccontarmi la sua breve storia.
"Ero giovane quando mi sposai la prima volta, mio marito desiderava da me un figlio che non voleva arrivare.
Mi lasciò perché non ero capace di far nascere bambini e questo mi procurò tanto dolore e solitudine.
Più tardi ebbi la fortuna di finire sposa ad un uomo molto più vecchio di me ed io pregai tanto per avere quel figlio che prima mi era stato negato.
Mi rivolsi allo stregone del nostro villaggio, feci tante cerimonie e alla fine, disperata, senza sapere perchè, pregai San Leonardo Murialdo con tutte le mie forze.
Qualche mese più tardi nacque il mio primo figlio e ne seguirono altri cinque.
Ogni anno porto la mia offerta al Santo in segno della mia eterna gratitudine."
Rimasi a bocca aperta per tutto il tempo che la vidi pregare a capo chino e depositare le uova ai piedi della statua cioccolatosa.
Se ne andò salutandomi con un disarmante "Che Dio ti benedica".
Solo la caduta di un paio di lacrime mi risvegliò dal mio trance, presi in mano il telefono: "Dottora? Allora domani andiamo alla moschea?"

sabato 24 aprile 2010

I "bus"


Il vecchio scosse il capo, non era certo questo l'atteggiamento giusto per intraprendere l'avventura magica della creazione.
"Avrai un figlio maschio" rafforzò guardandomi negli occhi "ma devi smettere di credere di non poterne avere."
Facile a dirsi, pensai, non era lui che rimaneva deluso ogni mese all'arrivo puntuale del mestruo!
Era così, non avrei mai detto che fosse possibile per me ridurmi in quello stato di assoluta dipendenza ad un desiderio.
Tutto il mio corpo si tese nello sforzo di non credere all'uomo seduto di fronte a me che poteva essere un ciarlatano, ma in silenzio la mia anima esultò.
Nemmeno io la sentii all'inizio, ma i primi echi risuonarono come un tamburo nel mio stomaco qualche minuto più tardi.
Allora il jambacoss mi fece un'altra domanda: "Quando hai lavato la luna l'ultima volta?"
E qui la dottora fu vittima di un quid pro quo che ci portò al delirio totale.
Vidi che fu in difficoltà sulla traduzione, poi balbettò: "Chiede se hai qualche relazione con la luna, insomma...ehm...cosa ne pensi della luna?"
La cosa simpatica è che a me parve pure una domanda sensata!
Ho una predilizione per la Luna, la considero magica e sono legata a lei indissolubilmente da almeno due decenni. La considero donna come la maggioranza degli elementi che racchiudono in se la magia.
La osservo, le parlo, le affido i miei desideri più leggeri che lego a sussurri affidati alle libellule.
Negli anni le ho confidato ogni mio pensiero pur sapendo che la maggioranza delle volte le faccio pena e, quando mi va bene, la faccio ridere.
Mi sono convinta che provi per gli esserei umani una forte passione, come un osservatore che spia e studia un formicaio anche lei ci osserva dall'alto della sua sapienza immacolata e la maggior parte delle volte non capisce perché ci complichiamo la vita.
Possiede molte risposte che offre a chiunque sia disposto a farle compagnia perché, unico neo, soffre di solitudine.
Indice feste a non finire, è lussuriosa, e viziata e non è mai sazia di buona compagnia.
Il problema in quel momento fu: -Come lo spiego tutto questo al Sig.Mago?-
"Sì, la luna mi piace..." risposi semplicemente cercando altre parole che continuavano a sfuggire come anguille contorsioniste tra le mie mani.
La dottora prese a tradurre questa prima frase cercando di sfoggiare la sua espressione più convincente.
"La guardo spesso,mmmh, la interrogo cioèeeee..."
Il vecchio ci osservò con fare sorpreso, credo che cominciò a considerarmi quantomeno un tantino strana, come se giocare con conchigliette e divinare con esse il futuro fosse la cosa più naturale del mondo.
"A mim fala: quando laba lùa ùltimo biàs?" ripetè un po' scocciato.
Solo allora, non so se per paura di vedersi rimpicciolire il cranio, la dottora riprese coscienza di un modo di dire che lei stessa usava normalmente per chiedere alle sue pazienti:
"Quando hai avuto il mestruo l'ultima volta?"
Ahhhhh...ora sì che è pertinente!

giovedì 22 aprile 2010

Figlia della Luna


Ci sono storie che svelano segreti, tolgono veli e chiariscono dubbi, altre invece non fanno altro che alimentare il mistero, quale delle due sia migliore io non lo so, mi piacciono entrambe, ma senza dubbio quelle più interessanti ritengo siano quelle che mettono in luce la pazzia!

Sembrava che le mura della stanza si stringessero quella sera e togliessero il respiro, oltre a rinchiudermi in un cubo claustrofobico.
Non uscivo mai a quell'ora, i miei non me lo permettevano, ma avevano imparato a riconoscere al volo la mia irrequietezza e quella sera non discussero vedendomi indossare il giubbino.
In realtà non andai molto lontano, a meno di cento metri, mi sedetti sola su di una panchina del parco vicino a casa.
Cominciai ascoltando i battiti del mio cuore che schiumava rabbia e contestazione, poi mi ritrovai a spiare nelle finestre dei vicini, sembravano tutti così tranquilli nelle loro belle case accoglienti, questo pensiero mi sottrasse ai miei pensieri storti e finalmente scorsi il cielo.
Là, sopra la mia testa, c'era la Luna piena e come mi aveva insegnato a fare mia madre da piccola, mi divertii a disegnarle gli occhi grandi, il naso alla francese e una boccuccia che tutte le volte mi veniva col broncio da regina.
Quella sera il gioco mi sfuggì di mano e improvvisamente la sentii parlare.
Non fu più la stessa cosa, io accettai il fatto che stavo impazzendo e lei accettò il fatto che non ne avrei fatto parola con nessuno e così nacque il nostro sodalizio che durò parecchi anni.
Chi la conosce sa che è una vera "star", parla solo se la si mette al centro di ogni giorno e le si rende omaggio ad ogni occasione, ma appena la vita ti piega con le sue dure prove e chiede dedizione e amore per la Terra, lei semplicemente ti toglie la parola, e nemmeno ti saluta!
Da allora agogno una panchina che mi faccia alzare il naso al cielo e parlare a ruota libera, oggi me la caverei meglio, sarebbe sufficiente un auricolare spento nell'orecchio.

domenica 18 aprile 2010

I vecchi germani.


Quella mattina faceva un freddo incredibile.
Ero avvolta nella coperta mentre Giuseppe armeggiava con la stufa a legna e Peggy era già alla porta a reclamare la passeggiata mattutina.
Finalmente fuori la cagnolina furbetta zampettava qua e là come una lepre, faceva pipì e rincorreva i gatti del quartiere mentre noi, da dietro, le urlavamo di tornare, inutilmente.
Dopo essersi fatta i fatti suoi tornava zoppicando, a volte a ragione, un gatto l'aveva graffiata ma ben presto capimmo che recitava affinchè l'apprensione del vederla ferita ci facesse dimenticare di sgridarla per la sua disobbedienza.
Quella mattina d'inverno il lago era quasi completamente ghiacciato e noi abbiamo temuto di perdere la nostra amica a quattro zampe.
Tutti i germani che popolavano il parco se ne erano andati da tempo, ma quella coppia attempata e distratta aveva deciso di farsi adottare dai vecchi proprietari del bar, che di reumatismi se ne intendevano quanto loro e potevano comprendere il motivo per il quale avessero rimandato il viaggio.
Così sistemati, col pane in ammollo e un giaciglio pieno di coperte, pensavano d'aver vinto alla lotteria, non fosse stato che quella mattina Peggy li addocchiò tra i canneti secchi e senza pensarci un attimo si lanciò alla loro rincorsa sul ghiaccio e poi CRACK! Successe, era nell'acqua gelida e guiva spaventava mentre loro, le oche, se ne stavano poco più in là raggelate all'ipotesi che il fato avesse potuto voltar loro le spalle.
Jose l'aiutò ad uscire, la portammo di corsa a casa, l'asciugammo col phon e la coccolammo davanti alla stufa...sì, quella volta non la sgridammo affatto.
Nemmeno si ammalò, avevamo temuto il peggio.
Nella nostra testa, per molto tempo, la disgrazia sapeva di ghiaccio stridente, oche in baruffa e guaiti di terrore, non sapevamo ancora che invece era lieve, come il rumore di una foto che improvvisamente cade.

giovedì 15 aprile 2010

In viaggio con Jose.

Siamo in viaggio sull'astronave blu metallizzata io e Jose. In mezzo a noi, sul sedile posteriore, Peggy che, nonostante sia tardi, se ne rimane lì ritta con la lingua penzoloni, è stanca, ha corso all'impazzata sù e giù per la spiaggia ed ora vuole solo godersi gli ultimi rimasugli di quell'eccitamento prima di abbandonarsi al sonno.
Ci spettano almeno un paio d'ore in autostrada e siamo pronti ad abbandonarci a lunghe chiacchiere.
E' sufficiente una piccola bolla di silenzio per trasportarci in alto, ognuno nel proprio guscio e approfittiamo di questa trasparenza per indovinare l'uno i pensieri dell'altra.
"Dove sei?" "Te lo dico solo se poi mi racconti dov'eri tu" compromesso ragionevole.
Comincio a raccontare al mio amico: "Ho superato i campi di erba alta al confine con l'autostrada, oltre le risaie e mi sono vista correre a perdifiato per i campi e poco dopo mi sono fermata di fronte ad un monumento della natura, una maestosa Quercia secolare..." Avrei voluto raccontare altro, ma la reazione stupita di Jose mi costringe a guardarlo mentre guida e con la voce tremante mi dice: " Anch'io...ho visto...una que-quercia..."
Una lacrima scorre, l'emozione trova sempre la strada giusta per arrivare al cuore.
Così abbiamo scovato il nostro posto ideale, per anni ci siamo cullati in esso, in segreto...
Uno sa quando la magia va condivisa, è la magia stessa a comunicarglielo.
Buona notte