...ci vediamo alla Quercia...

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mercoledì 22 settembre 2010

Noi siamo cittadini del cielo.


"Che triste, mi spiace tanto vederlo così affranto, era talmente sereno e felice fino ad un quarto d'ora fà.
Anch'io mi sentivo così splendidamente euforica e leggera, merito di questa terra.
E' sufficiente dare uno spiraglio al primo mondo che lui t'inghiotte, rompe ogni cosa, ti rimette in riga e, facendo naufragare il sogno, ti ricorda in maniera brutale che tra una settimana dovremo rimettere i piedi per terra.
Non è giusto, se solo potessimo rimanere più a lungo...magari tornare...magari glielo dico...no ferma, pensa!"
Ma la mia bocca aveva già dato fiato a sufficienza per gonfiare le vele e salpare dal porto in meno d'un istante.
-Giuseppe, m'è venuto un pensiero forte e possente che ti devo comunicare a costo di sembrarti pazza - inghiottii guardandolo negli occhi, dietro di noi, su per il vialetto che dalla comunità dei padri portava al dormitorio, si vedeva un pezzetto d'oceano Atlantico, era un'eccezione, dovevano incontrarsi una serie di fattori affinchè questo accadesse ma allora non lo sapevo.
Giuseppe aveva appena ricevuto una telefonata dall'Italia, si trattava di lavoro, la sua società stava affrontando alcune difficoltà che comunque non avrebbe potuto risolvere da Bissau e non poteva nemmeno rientrare prima, quindi chi decise di rovinargli la vacanza lo fece col semplice intento di rovinargliela con mera cattiveria.
-Io ho pensato...cioè...pensi che sia impossibile mollare tutto quello che siamo e facciamo in Italia per poter dedicare un anno o due della nostra esistenza al volontariato qui In Guinea Bissau?
Al nostro ritorno potremo sempre reinventarci e cominciare a costruire la nostra vita daccapo, magari assieme.-
In realtà questa era la seconda volta che gli proponevo di considerare la possibilità di condividere la vita.
La prima volta avevo poco più di vent'anni e contro ogni mia ambizione gli avevo proposto di convivere ma più perchè lo vedevo disperato e senza fissa dimora che non per mia maturità, comunque questo non giustifica la sua risposta.
Mi disse di volerci pensare, per il bene d'entrambe.
Questo sì che era maturo e consapevole, non fosse che, una sera a casa mia s'incontrò con il mio fratellone maggiore, Giovanni, fù colpo di fulmine, amiconi dal principio.
I miei genitori avevano chiesto a Giovanni d'intromettersi un po' nella mia vita privata perchè sapevano che frequentavo un uomo molto più grande di me, lui li aveva esauditi e mi chiese di conoscere Giuseppe.
Ne fui entusiasta, nemmeno sospettavo della sua promessa di spionaggio, il doppiogiochista, e lo feci scendere con me la sera in cui, a sorpresa, Giuseppe s'era ossigenato i capelli per vincere una scommessa.
Io ero allibita, con un sorriso tirato gli presentai mio fratello che fece finta di niente, ma lo conoscevo bene e non m'era sfuggito quello sguardo di stupore misto a disgusto che disegnava chiaramente una nuvoletta sulla sua testa con dentro scritto: "QUESTO E' UN IMBECILLE, ORA CHE DICO AI MIEI?"
Qualche mese più tardi e al rientro dell'emergenza ossigenata, lo presentai anche ai miei genitori.
Giovanni e Giuseppe nel frattempo s'erano incontrati altre volte e mi faceva piacere vedere che andavano d'accordo, anzi, non erano solo compatibilmente legati a me, ma intuivo una sorta di legame tra loro dal quale mi sentivo vagamente minacciata, non sapendone perchè, fino a quella sera in cui Giuseppe, ospite a casa nostra disse apertamente che stava cercando casa e Giovanni propose -Perchè non vieni da me? Il mio appartamento è grande, ho una camera in più che non uso.-
Io me ne stavo seduta in quel maledetto angolo della cucina che evito sempre perchè mi fa sentire in gabbia e da quel buchetto ricordo d'aver pensato: "Adesso glielo dice, i miei sverranno, sono molto giovane per una convivenza e lo conoscono da pochissimo ma sono pronta a lottare."
E lui rispose:-Allora è fatta. Lunedì faccio il trasloco. Luciana sei contenta? Diventiamo vicini!-
Non mi dilungherò oltre sulla vicenda, la convivenza tra Giuseppe e Giovanni è tutta un'altra storia.
Ritornando alla vista oceano Atlantico ricordo lo sguardo di Giuseppe alla mia proposta, da interrogativo si fece deciso in un soffio e rispose (almeno stavolta la risposta era esatta) -Perchè no?-
Ci sedemmo sul muretto, così bene come solo a noi riesce di fare, fantasticando tutto il tempo su come proporci ai padri, su come avremmo sciolto i legami col mondo che ci stava attendendo e che quello stesso pomeriggio aveva violentato così prepotentemente l'unico spiraglio di vita che da anni non riuscivamo più a vivere.
Intanto l'oceano ci osservava in silenzio e a nostra insaputa ascoltava ogni parola,la sera, quando noi ci decidemmo a rientrare in casa, attese la Luna e le riferì ogni nostra intenzione, la mattina dopo lei rimase pallida nel cielo e mi sembrò di sentirla chiacchierare fitto fitto col Sole che ne parlò all'Universo stesso e l'Universo fece tutto quello che era in suo potere affinchè i nostri desideri diventassero un decreto e nonostante tutte le difficoltà e tutti quelli che tentarono di tenerci in Italia, esattamente un anno dopo io e Giuseppe atterrammo di nuovo all'aeroporto di Bissau.
Stavolta ad accoglierci c'era la nostra casetta, situata all'entrata della missione dei padri e per dover di cronaca, Giovanni non ci seguì in quest'avventura, ma venne ospite da noi un'estate.
Ricordo questo come l'attimo più intenso di tutta la nostra avventura africana, il più bello, il più magico, quello in cui decidi della tua vita e ti butti nel vuoto e speri, anzi sai, che l'Universo stesso non ti lascerà cadere.
Con i guineensi ho condiviso tantissime esperienze, da loro ho imparato molto ma più di tutti cerco di non scordarmi l'insegnamento per me più importante, che ai meno accorti svelerà poco o niente, ma a me ricorda chi sono, da dove vengo e soprattutto la meta : NOI SIAMO CITTADINI DEL CIELO.
Grazie ai miei amici della Guinea per sempre nel mio cuore, grazie all'Universo al quale ho affidato il mio prossimo sogno.

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