E' magnifico sentire questo vento sulla faccia, è caldo, lascia tracce di mare sul mio volto.
Sono felice e allo stesso tempo sento forte tensione in tutto il corpo perchè non riesco, non ce la faccio a riempirmi di tutto questo mondo che mi circonda e mi conpenetra allo stesso tempo, me lo impongo: -Forza Marzia, di più, fai entrare più immagini, apriti alle emozioni che questa terra magica ti invia- sì perchè sono come messaggi, continui richiami a sentire, a stare in ascolto, ma non riesco a far stare tutto, ho paura di dimenticare che sono stata così viva.
Cerco di distrarmi dal richiamo di madre Africa che urla a gran voce il mio nome, IL MIO NOME!
Luciana è al mio fianco, a modo suo tenta di tenere la carrozzela ma è consapevole quanto me della cazzata che stiamo facendo, mi guarda e ride, se la conosco un po' starà provando ad immaginare quel che sento.
Jose è al volante, quando la strada glielo permette schiaccia sul pedale e mi fa scompigliare i capelli al vento, così stasera si lamenterà del tempo che impiegherò per pettinarli e togliere i nodi.
Siamo stati alla spiaggia di Quinhamel, abbiamo fatto un pic-nic all'ombra dei manghi e quando s'è alzata la marea ci siamo messi tutti in mutande e abbiamo fatto le foto di rito nell'acqua.
Al ritorno m'hanno convinta a caricare la carrozzella sul cassone del pick-up e viaggiare seduta lì sopra.
Non che abbiano dovuto usare chissà quali argomentazioni, la mia resistenza è stata alquanto debole, in realtà avevo una voglia matta di viaggiare fuori e fingere di essere su di una moto o in bicicletta, cose che non ho mai fatto.
Nonostante sia terribilmente pericoloso sono eccitata, qui mi sento invulnerabile ed è sufficiente un: - Non preoccuparti Marzia, ce la si può fare - di Jose che in un qualsiasi altro posto al mondo nemmeno prenderei in considerazione, per farmi accettare avventure che altrimenti riterrei dei veri e propri attentati alla mia incolumità.
Come quell'altra gita alla periferia di Bissau dove mi sono trovata circondata da preti che mi hanno caricata su di una barchetta a remi e mi hanno condotta a pescare sull'estuario del Rio Geba. Io ho pensato: Marzia, non esiste momento migliore per dichiarare che sei nelle mani del Signore!
E poi che dire di quando i miei pazzi amici m'hanno portata all'interno del mercato di Bandim, su per viette impervie, dove si passava in fila indiana e la gente mi guardava sbalordita come a chiedersi quale dio è stato così presuntuoso da costringere un bianco in carrozzella.
Erano talmente allampanati dalla nostra inconsueta presenza che si sono addirittura dimeticati di derubarci.
La cosa più normale che facevo era starmene in giardino con un macaco psicopatico ai miei piedi.
Una volta m'hanno portato a visitare la missione di Bula, ero così fortemente ispirata da quel luogo e nauseata dal viaggio d'andata in furgone su di una strada farcita di buche che neanche ho aperto bocca alla notizia che avremmo attraversato il fiume in canoa.
Solo la settimana prima uno di quei gusci di noce si era capovolto buttando in mare il suo carico di uomini, galline, maiali e merce destinata al mercato di Bissau.
Cosa farei se succedesse ora? Pensai stretta tra Jose e Jourcy che facevano del loro meglio per farmi sentire comoda e sicura seduta su quella panchetta di legno. Non feci in tempo a pensare alla risposta, il mio interesse andò a Rebecca, la mia carrozzella che malamente veniva trasportata a bordo passando di mano in mano, sopra le teste di tutti e la domanda successiva mi parve scontata e doverosa: cosa farei se fosse Rebecca a finire in mare?
-Abbandonati ai miei poteri- mi sussurrava in continuazione Madre Africa solleticando le orecchie con la brezza dell'alta marea in arrivo, come se non fossi obbligata normalmente a farlo con chi mi spinge - Cazzo mamma Africa io mi abbandono, ma solo la scorsa settimana sono finita col culo per terra!- Eh sì, è toccato a Lucy di farmi cadere, ma questa è un'altra storia...
