La volta successiva che prendemmo una decisione tosta in relazione alla nostra convivenza fu ad un paio d'anni dalla vita in comune a Bissau.
Mancavano pochi mesi al compimento dei quarant'anni di Jose ed io fervevo d'impazienza per i preparativi della sua festa di compleanno.
In realtà non è che potessi inventarmi chissà cosa, abitavamo pur sempre nella capitale del sesto paese più povero al mondo, inoltre, dettaglio da non trascurare, ancora non conoscevamo personalmente e non frequentavamo la tanto famigerata dottora Fanny (terzo personaggio più importante e chiacchierato dopo il Presidente e i due Vescovi) con la quale, negli anni successivi avremmo inventato feste indimenticabili a base di pizza, lasagne semi-italiane con ragù di gazzella, maialino al forno alla cubana contornato di polenta di Mario e Morena, il tutto spruzzato di cuba libre e musica latino-americana.
Ad un certo punto della festa Padre Pedro estraeva il suo vecchio violino e suonava le tristissime arie da conservatorio, Ido e Mundy, approfittando d'un momento di distrazione del prodigio riaccendevano la radio per ballare la salsa e il merengue e se avevamo fortuna la serata si concludeva con la “Gringa” che trascinava Fanny in una danza da locali degni de l'Havana.
La sera del compleanno invece mangiammo una crema ai funghi “ospedaliera” della knorr e ali di “pollo a dieta” al curry, in compagnia dei padri della missione e di Marco, amico d'avventura africana che aveva sgraffignato dall'inaccessibile dispensa “un litro di quello buono” che sorseggiammo alla luce fioca delle batterie in assenza forzata di musica.
L'unica nota inconsueta della serata era che avevo costretto Jose a scrivere coi pennarelli sul muro un quaranta di almeno un metro, tutto intorno avevamo scarabocchiato auguri, disegni frasi e firme, come fosse un grande biglietto d'auguri che Giuseppe abbattè a martellate.
Non eravamo impazziti di noia, semplicemente avevamo deciso d'unire cucina e sala con un arco e il giorno dopo sarebbero iniziati i lavori.
La sera stessa “scartando” il suo regalo Giuseppe scoprì le vere intenzioni della sua compagna -Jose, ho pensato seriamente al tuo regalo ed ho deciso che, per i tuoi quarant'anni...-pausa ad effetto -...voglio regalarti un figlio.-
Beh, questo intento merita un paio di riflessioni: la prima è che sarebbe stato più onesto iniziare questo post con la seguente frase: la volta successiva che PRESI una decisione tosta in relazione alla nostra convivenza... e la seconda è che Jose non era proprio così pronto, dato che la sua risposta fù: -Si va beh, possiamo riparlarne tra un paio di mesi?- fortunatamente Giovanni abitava a debita distanza.
Cosa sarebbe cambiato da lì a un paio di mesi non mi era chiaro, so solo che ad un certo punto, una notte, prima di spegnere la luce, gli sventolai la scatola delle pillole contraccettive sotto il naso e buttandole nel cestino esclamai: - Buon compleanno Jose, stasera scade il tuo regalo, se decidi di ritirarlo è a tuo rischio e pericolo-
Dopo due anni di capriole amorose, tecniche d'inseminazione felina rubate alla nostra sapiente amica gatta Taty che sfornava micini a raffica e risate d'amanti clementi inclini alla sperimentazione fantasiosa, nacque Andrea e due anni dopo Sergio.
Sì, diciamolo, la vita di noi esseri umani è costellata di decisioni, talune clamorosamente errate, altre semi-azzeccate, ma la decisione che non ci farà mai più soffrire non sembra esistere, sarebbe come azzeccare domani la sestina vincente del superenalotto con una giocata da un euro!
Sta di fatto che, grazie ad una di queste scelte non proprio azzeccate, mi ritrovai da sola per un anno, a crescere i miei due pargoli di due anni e l'altro quattro mesi di vita.
Periodo da dimenticare se non fosse che, durante i periodi più difficili, io e Jose diamo il meglio di noi e bastonandoci a vicenda ci rimettiamo in carreggiata e alla fine partoriamo che cosa? Una nuova decisione che stravolgerà la nostra vita.
-La prossima settimana torno a casa e ci rimango per due settimane, prepara le valigie che partiamo alla ricerca della casa adatta a realizzare il nostro sogno.-
Stavolta era toccato a lui mettermi in un angolo e costringermi a riprendere le redini della nostra esistenza e questo m'infastidiva, tanto più che mi dava ordini dal Congo, ma sapevo che aveva ragione, che una volta enunciato il sogno non si può perdere troppo tempo con le mani in mano aspettando che ciò che desideriamo si realizzi per grazia ricevuta, bisogna alzarsi le maniche, sporcarsi le mani ed essere pronti a soffrire, fino a sanguinare di dolore, perchè l'Universo veda con quanta tenacia sappiamo condire i nostri sogni.
Dunque la decisione era presa, da quel momento in avanti avremmo impiegato tutte le nostre energie alla ricerca del posto adatto a piantare finalmente la nostra amata Quercia, ma del Sogno, di questo vi voglio parlare la prossima volta.